Domani festeggerà il suo ventiquattresimo compleanno. «Ma il regalo da Martina l’ho già ricevuto confessa Marek Hamsik. Un lancio con il paracadute da tremila metri. L’ho fatto prima di presentarmi in ritiro. Neanche un po’ di paura, solo tanta emozione. Volare è bello». Già, volare. Volare nel cielo dipinto di blu. Perché la carriera del campione slovacco è nata e proseguita all’insegna dell’azzurro: quello dello Slovan Brastislava, poi quello del Brescia, quindi quello del Napoli.«Con un’altra maglia non mi sarei rivisto quest’anno. Voglio disputare un grande campionato con il Napoli e fare bene in Champions. Poi, in futuro, chissà. Ma Napoli è la mia seconda casa». Hamsik si sente un ragazzo nato adulto. «Ho cominciato da piccolo ed ho vinto già tanti trofei. Sono diventato capitano della nazionale slovacca. Ho partecipato ad un Mondiale. Ho ancora tanta strada davanti a me». Domani si collegherà con Martina e Christian via Skype. Potrà ricevere così gli auguri ascoltando e vedendo i suoi due amori. Marek e Martina stravedono per Christian che è nato a Napoli,«e presto gli insegnerò qualche parola in dialetto napoletano ». Così come stravedevano Richard e Renata quando a soli diciotto anni in casa Hamsik arrivo Marek, successivamente Michaela.
LE PRIME SCARPETTE - Fu nonno Ivan a fargli trovare nella culla le prime scarpe da calcio.«Mio nonno andò a comprarle in Ungheria perché solo lì si potevano trovare. Le conservo ancora». Predestinato, a dir poco. Il campione del Napoli dove seguire le orme del padre, fare il calciatore e possibilmente diventare più bravo del papà che pur avendo grandi qualità tecniche era arrivato fino alla serie B slovacca.«Mio padre è stato fondamentale per me- confessa Marek -A quattro anni mi iscrisse al settore giovanile dello Jupie Podlavice. Qui ho fatto tutta la trafila. Edin una partita di Allievi segnai 16 gol. Avvenne contro la Dolna Strehova. Rimane un record in Slovacchia». Ma papà Richard è stato più severo che dolce: «Mi allenava lui, mi sgridava, mi martellava, mi accompagnava a scuola. Ma io non volevo saperne di studiare. A scuola non ero tanto bravo». A 14 anni andò a fare un provino allo Sparta Praga. Lo presero ma avrebbe dovuto trasferirsi anche il papà da Banskà Bistrika ed il passaggio sfumò. L’anno successivo i genitori dovettero rimborsare di tasca propria lo Jupie Podlavice per portarlo allo Slovan Bratislava:«Ricordo che vendettero una Skoda pur di farmi approdare in un club dove avrei potuto farmi notare e migliorare».
IN ITALIA - A scovarlo in Slovacchia fu Maurizio Micheli che all’epoca lavorava per il Brescia e che oggi Hamsik ha ritrovato nel Napoli come talent scout. Micheli lo segnalò a Corioni dopo aver assistito ad una qualificazione europea dell’Under 17 slovacca (nel 2003).«Arrivare in Italia per me fu una fortuna. Mi ambientai subito. Ricordo di aver segnato il primo gol con la maglia del Brescia in una gara di Coppa Italia». Indovinate a chi? Al Milan.«Quanti anni hai?», gli chiesero alla fine Braida e Ramaccioni.«Che valutazione ha quel ragazzo?», s’informarono con Corioni. Il patron del Brescia sparò alto:«Più gioca e più salirà di quotazione. Non posso cederlo per meno di cinque milioni di euro». Dietrofront immediato. Qualche anno dopo, invece, volle scommettervi Pierpaolo Marino convincendo De Laurentiis a chiudere gli occhi e procedere.
IL PERSONAGGIO - Hamsik è un tipo tranquillo. Pochi vezzi: un paio di tatuaggi, tra cui il suo segno zodiacale, ed i capelli con la cresta:«Li ho sempre portati così, fin da bambino». Ascolta musica Hi Pop e Rnb. Ama fare palestra e giocare a tennis:«Quest’estate ho ingaggiato un istruttore per migliorare. E domenica sfiderò l’addetto stampa Baldari, devo dargli una lezione». E sorride. Non si professa cattolico praticante. Da quando è arrivato Christian passa tutto il tempo a giocare con lui.
L’ESTATE DEI MISTERI - «Ero in vacanza e non sapevo che in Italia si fosse scatenato un putiferio intorno a me- rivela -Non mi è mai balenata l’idea di lasciare il Napoli. Ne parlavo con Martina al mare e ci chiedevamo: ma questi cosa dicono? Che vogliono da me? Mi sonotrovato coinvolto in una situazione di cui sapevo poco o nulla. Ho lasciato fare. Probabilmente hanno anche forzato certe mie dichiarazioni. Ma il mio unico pensiero era quello di ritrovare i miei compagni del Napoli ed il mister. Ora divido la camera con Gokhan(Inler, ndi), un altro compagno discreto e riservato come me. Ma anche un compagno motivato ed ambizioso come me». Sorride e con malizia conclude:«Anche il mister c’era cascato. Un giorno mi chiese che testa avevo... Che testa dovevo tenere? La solita, fare una grande stagione con il Napoli e stupire anche in Champions League, una competizione conquistata con i denti e che non vedo l’ora che cominci». E Marek è entrato nel cuore dei tifosi, più di ieri, meno di domani.
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