Ottantacinque anni e non mostrarli affatto. Sono gli anni in cui la Napoli del pallone si stringe intorno al suo simbolo, il Napoli. Il 1 agosto del 1926 l'imprenditore Giorgio Ascarelli fonda l'Associazione Calcio Napoli dalla precedente Internaples. Viene scelta la casacca azzurra che rappresenta il cielo e il mare della città. Il simbolo è inizialmente un cavallo ma il primo campionato nazionale lascia più amarezze che soddisfazioni. Si narra che alcuni tifosi paragonano la squadra ad un ciuccio più che ad un cavallo e precisamente o' ciuccio e fichelle , l'asino di un contadino gravato da oltre trenta piaghe. Nasce così, il simbolo del ciuccio dopo quel campionato 1926/27. Il Napoli gioca nel piccolo stadio dell'Arenaccia ma Ascarelli costruisce di tasca propria il primo vero stadio del club, il Partenopeo, inaugurato nel 1930 con una capienza di dodicimila posti.
Ascarelli, prima di morire prematuramente, getta le basi per il primo grande Napoli della storia, per alcuni più forte anche di quello dell'era d'oro. E' il Napoli dei campioni Sallustro e Vojak, del grande portiere Cavanna, della solida coppia difensiva Vincenzi e Innocenti. Nel 1942 i bombardamenti della seconda guerra mondiale distruggono lo stadio, noto come Ascarelli in memoria del primo presidente azzurro. Il Napoli giocherà al Collana del Vomero fino al 1959 per passare poi al San Paolo. Nel 1945 compare per la prima volta la N sulle maglie con Achille Lauro alla guida del club.
Lo stemma del club sarà rivisitato nel 1964 sotto la presidenza di Roberto Fiore che battezza l'attuale denominazione Società Sportiva Calcio Napoli Spa. La N diventa più piccola per fare spazio alla nuova denominazione. Dopo Ascarelli, Fiore torna a far sognare i tifosi acquistando in un colpo solo Sivori e Altafini dalle blasonate Juventus e Milan. Il vero colpo del giovane presidente fu la realizzazione di un capitale sociale notevole grazie alla vendita degli abbonamenti alle aziende che, a loro volta, li cedevano a rate ai propri dipendenti (il futuro Cral). Gli abbonati furono 69 mila e il sistema consentì alle banche di aprire il credito al club che operò alla grande sul mercato. Il Napoli si piazza terzo e poi secondo sfiorando il tricolore. I contrasti con Lauro favorirono, però, un socio giovane, Corrado Ferlaino, che dal 1969 diventò il presidente e il maggiore azionista del Napoli.
Sotto la guida dello scaltro ingegnere si alternarono campionati buoni, tanti colpi in entrata come quelli di Savoldi e Krol, ma anche in uscita, come le cessioni di Claudio Sala, Zoff e Altafini. Alti e bassi che portarono il Napoli a sfiorare anche lo scudetto in due annate fino a quando l'ingegnere non acquista Diego Armando Maradona per costruire il Napoli vincente. Gli scudetti e le coppe sono il coronamento di un sogno inseguito dalla tifoseria.
Il resto è storia recente. Le vittorie dell'era Maradona sono costate tanto in termini di bilancio e gettano le basi per ben quindici anni bui dove l'ingegnere è costretto a cedere i pezzi migliori per tenere a galla il club. Ferlaino, grazie alla sua abilità, riesce a cedere il club a Totò Naldi dopo la parentesi Corbelli. Naldi non riesce, però, a risanare la società. Il club fallisce nel 2004 e a rimetterci più di tutti è l'imprenditore alberghiero.
Il fallimento, però, apre la strada alla rinascita firmata Aurelio De Laurentiis che già nel 1999 tentò di strappare il Napoli a Ferlaino con l'appoggio dell'ex presidente Roberto Fiore. La trattativa fallì e Fiore promise a De Laurentiis che si sarebbe fatto vivo nel momento opportuno per invitarlo nuovamente a prendere il Napoli. L'occasione nasce nel 2004. E' il 31 luglio, il Napoli si avvia al fallimento e Fiore mantiene la promessa contattando a Capri Aurelio De Laurentiis che si convince.
Rinasce il Napoli con la denominazione temporanea di Napoli Soccer. Due anni dopo il club acquisirà nuovamente la vecchia denominazione.
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